IL RACCONTO DI ELISABETTA CASESA
«Allora…. Il miglior modo per descrivere il Pbt (il Playback Theatre) – spiega Elisabetta Casesa, educatrice della Cooperativa di Bessimo – a qualcuno che non l’ha mai visto è quello di dipingere un’immagine. Immagina una stanza con uno sfondo dedicato alla scena. Su questa scena sono seduti gli attori di fronte al pubblico. A destra c’è il musicista con i suoi strumenti. A sinistra ci sono due sedie per il conduttore e l’altra per un membro del pubblico che verrà volontariamente e che racconterà un’esperienza personale.
Il conduttore pone alcune domande e quando l’intervista sarà completa, rivolgerà la storia agli attori. La musica accompagna. Gli attori rappresentano la storia usando il mimo, il movimento e parole improvvisate. L’obiettivo è CATTURARE L’ESSENZA DELLA STORIA del narratore.
Dopo un momento di riconoscimento e ringraziamento il narratore ritorna nel pubblico ed esce un altro narratore.
È un teatro coinvolgente ed emozionante poiché si ha la possibilità di vedere rappresentata la storia di un proprio simile e questo spesso tocca qualche aspetto vitale di noi stessi.
Questo metodo psicodrammatico trasmette l’importanza dell’incontro ed il valore della soggettività e della storia personale del protagonista. Viene esaltata l’importanza di ascoltare e capire le storie degli altri per restituirle in forma artistica.
Questo processo regala DIGNITÀ ad ogni storia, ad ogni vissuto…e capisci quanto sia importante trasmettere tutto questo alle nostre utenti.
Il Pbt come strumento innovativo in comunità mi auguro consenta di facilitare una più profonda comprensione delle declinazioni individuali e gruppali di un problema o tema condiviso (tossicodipendenza, genitorialità…). È una risorsa significativa in ambito psicoterapeutico come aiuto alla psicoterapie di gruppo (attività di gioco di ruolo e sviluppo della spontaneità). Facilita la spontaneità, l’espressività, la capacità comunicativa e l’uso del corpo nel totale rispetto e ascolto delle storie personali.
Io ho che l’ho provato in prima persona ti assicuro che il trasposto emotivo è fortissimo e, potendo essere io la narratrice in alcuni momenti, ho potuto constatare quanto mi sia stato d’aiuto rivedere le mie piccole storie rappresentate dalle colleghe attrici ed ho potuto addirittura “fare pace” con alcune cose irrisolte o ancora dolorose».