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Montagnaterapia con la Comunità di Fara Olivana

MONTAGNATERAPIA:
Insieme scalando le vette della riabilitazione

“Montagnaterapia” significa che la Montagna fa bene. Non solo al corpo ma anche – e soprattutto – allo spirito. Ecco perché scalare, arrampicare, fare escursioni e passeggiare diventano momenti importanti, strumenti di prevenzione, cura e riabilitazione.

La definizione ufficiale, coniata nel 1999, descrive la “Montagnaterapia” come un…

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[…] originale approccio metodologico a carattere terapeutico-riabilitativo e/o socio-educativo finalizzato alla prevenzione secondaria, alla cura ed alla riabilitazione degli individui portatori di differenti problematiche, patologie o disabilità; esso è progettato per svolgersi, attraverso il lavoro sulle dinamiche di gruppo, nell’ambiente culturale, naturale e artificiale della montagna

Che, per dirlo con parole più semplici, significa che la Montagna fa davvero bene, più di quanto si possa immaginare. È una medicina portentosa per persone che presentano problematiche, patologie o disabilità e che lavora sull’armonia di gruppo, sull’uomo e sui suoi valori.

Non è da molto che la si considera davvero una terapia, forse per l’idea radicata che le medicine siano per forza di altro genere, forse perché ci è voluto del tempo perché i risultati raccontassero più chiaramente di tante parole. Ora la sua valenza terapeutica è riconosciuta in ambito sanitario e i suoi risultati sono ben visibili nei contesti dove viene messa in atto.

Sostenuta fin da subito dal CAI – il Centro Alpino Italiano – la “Montagnaterapia” si è fatta strada in molte regioni italiane ed è riuscita ad unire ed avvicinare realtà diverse del privato e del sociale intrecciando soggetti e metodologie per lavorare sui valori, quelli profondi, radicati nell’anima che la montagna è in grado di far vibrare, di portare alla luce soprattutto se sepolti sotto un passato difficile. Insieme si scopre come superare piccoli e grandi limiti sia personali che condivisi, si prende coscienza di sé e del proprio posto corale nella società con gli altri.

Mi è servita per capire che stavo e che sto meglio anche senza droghe, che la mia strada è cambiata in meglio: è stata la chiave di volta per riscoprire e ridare importanza a tanti valori che mi hanno reso una persona migliore. Ho capito che non ci sarei più ricaduto, che scalare mi aveva salvato.

Sono parole di Dario che, nel 1988, ha iniziato a fare l’esperienza della “Montagnaterapia” presso una nostra comunità terapeutica e che ha voluto trasformare le sue emozioni in parole per il suo educatore che con lui aveva condiviso l’esperienza e gliel’aveva trasmessa.

Sono persone come Te – continua – che mi hanno permesso di fare un viaggio dentro di me e scoprire che era nata una passione piena di valori e di cose positive che mi hanno portato fino a qui, fino a capire che ogni giorno si può crescere e migliorare in positivo.

Parole che valgono forse più di qualsiasi altra definizione clinica dell’apporto positivo che la montagna rappresenta.

Anche la nostra cooperativa sociale opera con la “Montagnaterapia” presso la Comunità di Fara Olivana, che ha attivato il gruppo “Emozioni Verticali portando in montagna le persone inserite in comunità con problemi di dipendenza e tornando ogni volta con esperienze di gruppo positive, sane ed emozionanti.

È così dal 1987, prima ancora che se ne desse una definizione formale e condivisa, anche se l’esperienza si è consolidata come gruppo terapeutico nel 2002 coniando il nome e fissando obiettivi ben precisi.

Le esperienze vengono realizzate da gruppi composti da circa 2 operatori e 7 persone (scelte accuratamente in base alle proprie capacità confrontate con la tipologia di percorso) al fine di:

  • vivere esperienze sane in ambiente montano
  • aumentare le proprie abilità nell’analisi dei problemi, nel trovare soluzioni, nel prendere decisioni
  • sperimentare la fiducia reciproca
  • vivere emozioni forti in sicurezza
  • vivere l’aiuto reciproco
  • prendere consapevolezza dei propri limiti e capacità
  • aumentare la capacità di organizzarsi e programmarsi
  • aumentare la capacità di porsi degli obiettivi e saperli raggiungere
  • sperimentare come gestire in modo adeguato le emozioni, il senso del vuoto e di paura.
  • aumentare la capacità di superare le difficoltà, di gestire le frustrazioni e lo stress
  • vivere un’esperienza intensa di gruppo e saper collaborare con gli altri componenti
  • applicare le indicazioni di prevenzione e sicurezza: rispetto delle regole, delle procedure e delle gerarchie

Al centro, sempre, le dinamiche, le interazioni tra singoli e con il gruppo, le singole esperienze e l’esperienza di gruppo che poi, gli educatori, utilizzano come spunti di riflessioni da condividere per crescere insieme, per maturare, per aggiungere al percorso un tassello sempre nuovo. Ogni esperienza è tesoro per ciò che sarà.

In questa attività non siamo soli: infatti il gruppo “Montagnaterapia” della Lombardia si riunisce circa 3, 4 volte all’anno presso la sede del CAI di Bergamo e organizza un raduno annuale dedicato ai gruppi appartenenti alla Lombardia.

Ogni due anni, invece, si tiene un convegno Nazionale sulla “Montagnaterapia”.

Ad oggi sono cinque quelli realizzati:

  • 2008 Riva del Garda
  • 2010 Bergamo
  • 2012 Rieti
  • 2014 Cuneo
  • 2016 Pordenone
  • 2018 Sardegna

Scopri di più sulla Comunità di Fara Olivana: https://bessimo.it/fara-olivana-con-sola/

QUANTE AVVENTURE INSIEME!

Scopri qui di seguito alcune delle tante gite realizzate nell’ambito della Montagnaterapia dai ragazzi di Fara e leggi le testimonianze di chi ha partecipato

04/05/2022 – Grotta delle 7 stanze

Qualcuno dice, narra la leggenda, di sentire ancora riecheggiare quelle voci in particolari orari del giorno. Si, c’è gente che giura di sentire parole quali «Attenzione alla testa!», «Occhio a non scivolare!», «La torcia!!», «Bada a dove metti i piedi», «Qualcuno ha portato il caffè??», «Ma poi cosa si mangia??» ecc…
 
Storie di fantasmi?
Ma no! Erano 5 ragazze della Comunità di Paitone che, accompagnate da Giovanni (Cimì) e Cecilia dell’ Associazione Casello 11 Odv e dal altri amici, sono andate in gita alla «Grotta delle 7 stanze» posta sul versante della Maddalena a nord di Sant’ Eufemia (Brescia).
 
Un’avventura tutt’altro che semplice che ha permesso al gruppo di trascorrere una bellissima giornata insieme, di lavorare in gruppo ma, soprattutto, di divertirsi un sacco!
 
Sempre la stessa leggenda di qui sopra narra che, alla fine, siano tornati tutti a casa sani e salvi – gruppo e accompagnatori – e siano già pronti per altre e nuove mirabolanti avventure!!
 
La Grotta delle Sette Stanze, come molte altre grotte della zona è di origine calcarea e il nome o meglio il soprannome deriva dal fatto che nel sue interno vi sono 7 ambienti che vengono considerati stanze. Molti la chiamano anche la “Grotta della Spolverina”, questo perché per molti secoli veniva recuperata la polvere calcarea, detta appunto spolverina e veniva usata come abrasivo per le pentole (fonte: https://www.xtremeadventure.it/la-grotta-delle-sette-stanze/)
La Comunità di Paitone: https://bessimo.it/paitone/

18/02/2022 – Monte Campione

«Volevamo fare un giro sul lago di Garda raggiungendo Cima Comer (in territorio di Gargnano), ma poi ho visto scendere i primi fiocchi di neve e…ho contattato subito Diana (Responsabile della Comunità di Fara Olivana) e le ho detto:

Per Diana (si, qui personalizziamo anche le esclamazioni)! Nevica! Il lago di Garda è sempre lì, anche d’estate (si spera – ovviamente), la neve no! Ciaspoliamo???“.

Diana, in pronta risposta ha detto subito si! E quindi…ciaspolata fu!

E così, con i ragazzi della Comunità di Fara, siamo partiti alla volta di Monte Campione, da lì siamo andati a Monte Plaza, Monto Dosso Rotondo e siamo arrivati al rifugio Dosso Rotondo dove abbiamo gustato polenta e formaggio fuso – di una bontà e di un gusto che…wow! Anzi…”slurp!”

All’andata abbiamo percorso il Sentiero delle Tre Valli interamente innevato e poi ci siamo fatti un bel caffè con la moka e il mitico fornelletto (del quale presto vi parleremo nuovamente!)
Il giro è durato circa 2 ore e mezza per un totale di circa 6/7 km con vista sulla Val Sabbia, sulla Val Trompia, sulla Val Camonica e su tutti i monti attorno a 360 gradi: una bellissima esperienza di gruppo, di condivisione, di gioia e di natura!»

Giovanni Frassine – Ass. Casello 11

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28/12/2021: Ciaspolata «sopra le nuvole» con i ragazzi di Fara Olivana

«Il meteo prevedeva alcune nubi verso mezzogiorno ma anche neve nella giusta quantità per poter raggiungere la nostra meta. Diana (Responsabile della Comunità di Fara Olivana) ha accompagnato i ragazzi con il furgone al ritrovo fissato alle 9 a Gussago con me e Cecilia, accompagnatori ufficiali, da dove abbiamo proseguito il viaggio verso la Val Trompia e, precisamente, al passo Maniva.

Arrivati al rifugio Bonardi a quasi 1800 mt (che fu caserma militare durante la guerra) abbiamo parcheggiato il mezzo e abbiamo iniziato la distribuzione del materiale tecnico adatto allo scopo, ciaspole incluse. I ragazzi, compresa Diana, erano ben entusiasti di fare questa esperienza e durante la salita ci sono stati parecchi momenti di condivisione di quanto si stava vivendo.

La nostra meta, lo Chalet Dasdana (mt 2100), era ben visibile in lontananza e sembrava impossibile da raggiungere, ma passo dopo passo – con le ciaspiole ben salde ai piedi – la si vedeva sempre più vicina. La stanchezza in alcuni momenti si faceva sentire, ma ognuno ha contribuito a stimolare chi in certi momenti la sentiva maggiormente. Poi il panorama meraviglioso attorno a noi ha fatto pure dimenticare quella stanchezza della salita.

Arrivati allo Chalet abbiamo trovato solo alcune persone e il ristoro era chiuso così, il sottoscritto – mentre il gruppo era alle prese con fotografie per immortalare quel momento con un paesaggio fantastico attorno – ha aperto il proprio “bar” contenuto nello zaino e, fornelletto alla mano e con la moka già pronta, ha preparato il caffè (gradito da tutti!).

Capita di avere la testa tra le nuvole, ma oggi le nuvole le avevamo sotto di noi e sembrava un paesaggio surreale, non capita spesso di trovarsi 200 mt sopra le nuvole, a meno che uno prenda un volo intercontinentale. Ma noi, gratuitamente, abbiamo vissuto le stesse sensazioni. Verso le 14 siamo scesi nuovamente al rifugio Bonardi e ci siamo presi un bel panino caldo continuando a condividere quanto vissuto (circa 3 ore e mezza di esperienza).

Io e Cecilia abbiamo visto il gruppetto molto partecipe e con voglia di mettersi in gioco e per questo li ringraziamo e così pure la responsabile per l’attenzione avuta nei nostri confronti. Speriamo presto di vivere delle nuove emozioni, sperando nella neve, poiché negli ultimi giorni comincia a scarseggiare».

Ecco le foto dell’esperienza (scatti di Giovanni Frassine e Diana Granelli).

Foto di Giovanni Frassine  “Cimì”

Foto di Diana Granelli (Resp. Comunità di Fara Olivana)

La «Fantasina» in Val di Scalve (BG)

Gli ospiti del Servizio “Fantasina: Regina di Cuori” hanno trascorso una piacevole giornata in Val di Scalve: «Una bellissima passeggiata tra i costoni della montagna – racconta Giovanni, ex Responsabile della Comunità di Fara e organizzatore dei programma di Montagnaterapia – che ci ha portati a immergerci nella natura, a scoprire tante cose ma anche a sederci per ristorarci un po’ in compagnia godendo di panorami davvero bellissimi».

La Valle di Scalve è situata nella parte nord-orientale della Provincia di Bergamo ed in quella nord-occidentale di quella di Brescia (comune di Angolo Terme).

«Colonizzata dapprima forse da alcuni abitanti della Valle Camonica, attirati dall’abbondanza dei pascoli e delle foreste che ricoprivano gran parte del territorio, fu via via straordinariamente toccata dagli eventi storici, conservando una sostanziale autonomia dovuta alle sue risorse minerarie e al difficile accesso ai suoi territori. Dai romani denominata “Vallis Decia”, dopo la buriana delle invasioni barbariche fu donata, per gran parte, da Carlo Magno nel 774 ai Canonici di S. Martino di Tours. Nel 1.026 il Vescovo di Bergamo fece permuta con i suddetti Canonici, dai quali avendo ottenuto tutti i possedimenti che essi tenevano nel Bergamasco, cedette ad essi in compenso beni e possedimenti che aveva nel Pavese e in altre province (…) Fino da questi tempi, adunque, il Vescovo di Bergamo aveva una signoria più o meno estesa anche in Valle di Scalve, ed era questa Signoria feudale”». Leggi tutta la storia: http://www.scalve.it/Strade.htm

Per saperne di più: https://www.valdiscalve.it/

Il Parco delle Fucine di Casto: la Stretta di Luina e il Ponte Tibetano

«Difficile restare a casa con il bel clima estivo. Infatti – racconta Giovanni della Comunità di Fara Olivana – c’era così una bella giornata che siamo partiti verso il Parco delle Fucine sulla via delle Ferrate di Casto in Valle Sabbia. Insieme ai ragazzi e a Giulia, una volontaria della comunità, abbiamo percorso la “Stretta di Luina” e ci siamo cimentati nel “Ponte Tibetano“. Un’esperienza davvero bellissima da fare insieme! Ci siamo divertiti tantissimo anche quando, poco prima di salire sul ponte Giulia mi ha detto “vai avanti! Io chiudo gli occhi e li lascio chiusi: ti seguo solo con il pensiero!. Ma poi, sia Giulia che tutti gli altri, non vedevano l’ora di ripete l’esperienza!».

«Il Parco delle Fucine di Casto – si legge nell’articolo di BresciaToday del 27/06/2019 “Il Parco delle Fucine: l’incanto nascosto delle Ferrate di Casto” – sulla strada che porta verso Alone: un contesto storico e ambientale unico, dove sono state realizzate ferrate e palestre di arrampicata e di varie difficoltà. In particolare il percorso delle ferrate, disposto ad anello, si compone di 14 tratti indipendenti e allineati, lunghi in totale 1,7 chilometri con circa 500 metri di dislivello.

Oltre alle ferrate, in mezzo alla natura si percorrono sentieri e stradine che rimandano a tempi lontani. Si attraversano anche due ponti tibetani e con una semplice variante al percorso si può transitare nella stretta di Luina, canyon lungo 380 metri, largo 1-2 metri e profondo 30-35 metri protagonista dell’incredibile erosione della roccia».

Leggi tutto l’articolo: http://www.bresciatoday.it/social/casto-parco-delle-fucine.html

A Introbio (Lecco) prima la montagna e poi il lago

«Poco prima del Raduno Sportivo delle Comunità che si è svolto a Cattolica (RN) dal 9 al 14 settembre 2019 – racconta Giovanni dela Comunità di Fara – abbiamo organizzato un’uscita in montagna per allenarci. Siamo andati a Introbio, in provincia di Lecco, dove le possibilità di scalare non mancano: il territorio offre diverse soluzioni alla portata di tutti, dai principianti ai più esperti. L’area è costituita da diverse falesie che permettono davvero a tutti di fare una bella esperienza di scalata».

La struttura principale – dal documento «Falesie di Lombardia» – «è il Sasso di Introbio, un muro verticale compatto a buche da lettera, tacche e gocce con splendidi movimenti tecnici e discreta continuità. Alcuni itinerari sono dei severi test di precisione ed equilibrio in placca, di difficile comprensione, mentre a destra c’è qualche tiro strapiombante. Molto unte le “classiche”. Dietro al Sasso si trova la Pala Condor, più articolata, ancora a destra il Muro di Introbio con brevi salite divertenti, ed un po’ più in alto I Pilastrini, un festival di buchi e lame. Poche centinaia di metri più avanti sulla strada si incontra infine la Gran Placca, una lavagna leggermente appoggiata residuo di una cava, dove salivano impegnativi itinerari in aderenza, molto psicologici, oggi riattrezzati a resinati. Sono presenti anche alcune vie propedeutiche su prese artificiali».

«Ci siamo fermati poi – aggiunge Giovanni – alla “Casa delle Guide“, un ottimo punto di riferimento per tutte le persone che desiderano fare esperienze in montagna, dai principianti ai più esperti, in sicurezza e poi, dato che faceva veramente caldissimo, ne abbiamo approfittato per fare il bagno a Lecco».

Ferrata Monte Albano “Ottorino Marangoni” – Mori (TN)

«Come uscita conclusiva della stagione – racconta Giovanni (Cimì) della Comunità di Fara – abbiamo scelto la Ferrata Monte Albano “Ottorino Marangoni” a Mori vicino a Rovereto (Tn). Siamo andati a dicembre perché, anche se sembra un’idea folle, il clima è più favorevole: molto meglio farla quando fa freddo perché d’estate il caldo renderebbe l’impresa davvero faticosa e molto complessa da portare a termine».

«La via Attrezzata Montalbano “Ottorino Marangoni” è stata realizzata – si legge sul sito www.sat-mori.it – dalla Sezione SAT di Mori nell’inverno 1975/76 ed inaugurata il 19 marzo 1976, su una parete rocciosa che sovrasta verso nord, l’abitato di Mori. Nel 1999 è stata dedicata a Ottorino Marangoni, presidente della Sezione dal 1976 al 1998. A lui e ad un gruppo di soci del sodalizio moriano si deve la realizzazione della Via Attrezzata. E’ considerata tra le più difficili ed impegnative dell’arco alpino, bella per l’ambiente e suggestiva per la varietà del percorso». Leggi tutto qui: https://www.sat-mori.it/sezione/sentieri/

Guarda il video della giornata:

Corda doppia al “Büs Del Quai” – Covelo (Iseo)

«Insieme agli istruttori (Ardiccio, Eros, Mauro e Riccardo) del CAI – Club Alpino Italiano, abbiamo trascorso una giornata a provare e riprovare – racconta Giovanni della Comunità di Fara Olivana – la corda doppia nel vuoto, a calarci e issarci su e giù per le pareti scoscese del “Büs Del Quai” sul lago di Iseo. Una giornata intensa ma ricca di spunti, amicizia, vittorie, fallimenti ma soprattutto tanto, tanto divertimento»

«Il Büs del Quai (buco della tana) – dal sito del Comune di Iseo – è un vasto antro che si apre sul versante destro del monte Punta dell’Orto, vicino alla piccola frazione di Covelo. La grotta è collegata attraverso percorsi sotterranei carsici al vasto bacino delle Piane di San Martino e, in occasione di piogge persistenti, riversa a valle un notevole flusso d’acqua. La cavità riveste una notevole importanza sotto il profilo storico-archeologico per aver restituito, soprattutto tra ‘800 e ‘900, reperti fittili e metallici, in parte attribuiti alla preistoria, in parte ad età gallica, altri all’epoca medievale, che mostrano una continuità insediativa straordinaria, da parte dell’uomo, attraverso le varie epoche». Continua a leggere: https://www.comune.iseo.bs.it/turista/natura/buca-del-quai

«Ma che bella è la MontagnaTerapia»: la testimonianza di Matteo

«Ma che bella è la MontagnaTerapia (chiamata anche “Emozioni Verticali”)!!

Non l’avevo mai praticata nella mia vita, anzi, ritenevo “sfigati” chi andava ad arrampicare. Mi è capitato invece di far parte del gruppo al “social climbing” al quale la comunità di Fara ha partecipato, io mi sono aggregato alla seconda uscita del “Social Climbing” presso la palestra di Manerbio e mi è piaciuta subito.

Mi è piaciuto confrontarmi con me stesso e nello stesso tempo, fidarmi delle mie capacità.

Sento di dover ringraziare il nostro “Cimì” (Giovanni Frassine – Responsabile della Comunità di Fara n.d.r) per avermi coinvolto in queste esperienze di arrampicata e ferrate, nel bel mezzo di una fantastica natura e posti bellissimi che mi hanno fatto innamorare ancor più di questo hobby e della montagna; sicuramente sarà una passione che manterrò un domani finito il mio percorso comunitario!!»

Matteo

«Fantastiche e commoventi»: le 52 Gallerie nel racconto di Cristian

«Qualche tempo fa ho fatto un viaggio, o meglio, una stupenda camminata in compagnia di un bel gruppo di compagni di un percorso che sto facendo (su me stesso) e di due operatori fantastici.

Il percorso scelto è stato quello delle “52 gallerie del Pasubio” per ricordare i 100 anni dalla sua realizzazione: un percorso fantastico!
L’unico rammarico è quello di essere arrivato alla 20° galleria e di essere dovuto tornare indietro a causa di problemi fisici.

Mentre tornavo indietro ho provato a immaginare di tornare in quel 1918, esattamente 100 anni fa, immedesimandomi in quei giovani soldati e pensando cosa potevano passare: il freddo, la dura vita di quegli anni, soli e lontani dalle loro famiglie, figli, mogli, una vitaccia terribile.

Quei soldati e il monte Pasubio con la sua roccia, scavando 52 gallerie. All’inizio una ventina di uomini, poi 600 e in pochi mesi riuscirono a portare a termine quest’opera. Tutto per una guerra terribile, ricordata tra le più drammatiche, brutte della storia: la “grande guerra”.

Questi soldati con piccone e martello pneumatico ad aria per scavare…Non oso pensare cosa hanno passato! Dolore, sacrifici, le notti in bianco e al freddo per tenere sotto controllo il nemico.

Tanti (ma tanti!) morti in mezzo al nulla (l’ossario del Pasubio a poca distanza da questo percorso ne riporta la testimonianza).

A me, personalmente, quando ero al cannone, ho sentito dei brividi e una fitta allo stomaco, immaginando cosa avessero passato quei giovani ragazzi.

Ho visto delle foto dove in 30/40 trainavano il cannone sul sentiero per le gallerie in mezzo alla neve alta 2 metri…io il militare l’ho fatto e so cosa vuol dire: disciplina, forza di volontà, forza d’animo, carattere, rispetto che al giorno d’oggi i giovani non sanno cosa vuol dire.

È stata una camminata fantastica e commovente.

Un grazie di cuore a Cimì (Giovanni Frassine – Responsabile della Comunità di Fara fino al 31/10/2020 n.d.r.) e Natale (educatore della comunità) per questa camminata fantastica ed emozionante che mi ha fatto venire pure la pelle d’oca».

Cristian

Strada delle 52 gallerie – Massiccio Pasubio

L’8 novembre del 2018 i ragazzi della Comunità di Fara Olivana, hanno intrapreso la “Strada delle 52 Gallerie” sul Massiccio Pasubio, che si estende tra le province di Trento e Vicenza, in occasione del centenario della sua realizzazione.

La strada delle gallerie – si legge nel sito www.stradadellegallerie.it – è stata costruita nel 1917, fra febbraio e dicembre, per servire il fronte del Pasubio. Ne fu protagonista la 33ª compagnia minatori (integrata in seguito da altre squadre), dopo che al suo comandante, il tenente Giuseppe Zappa, venne dato l’incarico di valutarne la fattibilità“.

(Leggi qui tutta la storia: http://www.stradadellegallerie.it/la-strada-delle-52-gallerie/)

“Abbiamo ripercorso queste gallerie – racconta Giovanni (Cimì) Responsabile della Comunità di Fara al tempo della gita –  e abbiamo rivissuto, un passo dopo l’altro, le fatiche della sua costruzione e le atmosfere della prima guerra mondiale:l’hanno chiamata la «guerra della mine» perché ne hanno usate tante infatti, proprio qui, una postazione italiana è stata fatta saltare con la dinamite, un po’ alla vota, in due mesi. Da lì abbiamo visitato l’ossario rendendo la nostra gita anche un’uscita culturale e di meditazione pensando ai nostri avi e alle loro gesta in quella zona, al freddo e in condizioni davvero precarie. Le gallerie le hanno realizzate – aggiunge – perché l’unica strada che andava in cima, era troppo esposta al tiro nemico degli austriaci e quindi da qui riuscivano a portare vivande e munizioni anche di inverno restando nascosti e riparati dalle intemperie del clima. Il percorso termina al Rifugio Papa a circa due orette di cammino dalla prima galleria”.

Guarda il video della giornata:

I ragazzi e gli operatori che hanno fatto l’esperienza, la raccontano così:

«Come per quasi tutte le cose che si decide di intraprendere, la parte più impegnativa è l’inizio. Quando mi sono trovato a tu per tu con la parete da scalare, ero eccitato ed impaziente di arrivare in cima. Da subito, era chiaro che per raggiungerla avrei dovuto muovere un passo alla volta.
L’obiettivo era di individuare i vari appigli da utilizzare, scegliendo ovviamente…[…]

Leggi tutte le riflessioni di chi ha partecipato

 

«L’esperienza della montagna terapia è avvenuta nella giornata di venerdì 22/07 presso il monte Maddalena a Brescia, con un gruppo di 7 ragazzi e 2 educatori. L’esperienza aveva l’obiettivo di dare una valenza socio-educativa alla gita in montagna per le persone che stanno attraversando un percorso comunitario.

L’arrampicata è stata una parte della gita che ha coinvolto i ragazzi e gli educatori nell’attività del climbing, dove mentre una persona era impegnata nell’arrampicare, l’altra era impegnata nel tenere tesa la corda affinché l’arrampicatore rimanesse in sicurezza. È stata un’attività molto importante infatti, oltre all’attività adrenalinica ed emozionante in sé, ha permesso ai partecipanti di elaborare concetti quali la fiducia, il sostegno e la condivisione.

Coloro che arrampicavano dovevano fidarsi delle persone con il compito di sostenerli e nel momento dell’arrivo alla cima, si sarebbe raggiunto un obiettivo condiviso. Un altro momento importante della giornata è stato quello delle riflessioni di gruppo, in cui ciascuno dei partecipanti evidenziava gli elementi arricchenti dell’esperienza.

La montagna terapia ha anche rappresentato un momento di condivisione tra i ragazzi della comunità e gli operatori, elemento fondamentale per incrementare il rapporto umano e terapeutico. La montagna terapia è stata un’esperienza arricchente e prolifica sia dal punto di vista comunitario, che dal lato umano e professionale».

RIFLESSIONI DELL’EDUCATORE.

«Come per quasi tutte le cose che si decide di intraprendere, la parte più impegnativa è l’inizio.
Quando mi sono trovato a tu per tu con la parete da scalare, ero eccitato ed impaziente di arrivare in cima. Da subito, era chiaro che per raggiungerla avrei dovuto muovere un passo alla volta.
L’obiettivo era di individuare i vari appigli da utilizzare, scegliendo ovviamente quelli più sicuri; comprendere come distribuire al meglio il proprio peso sulla parete, soprattutto quando ci si trovava in bilico e in equilibrio precario; riuscire ad ottimizzare gli sforzi fisici e cercare di utilizzare gli arti del proprio corpo per aggrapparsi e continuare a salire.

Tutto questo è un insieme di concentrazione e comunicazione con il proprio corpo.
Penso che inizialmente sia normale avere dei dubbi. Mi sono infatti chiesto più volte se ne valesse la pena di fidarsi della persona che avrebbe fatto il nodo alla corda e che mi avrebbe tenuto in sicurezza; mi sono chiesto anche se mi fossi dovuto fidare della parete rocciosa, scrutandola inizialmente con diffidenza. Sarei poi stato all’altezza della scalata? Avrei dovuto dare fiducia alle mie “doti di scalatore”?
Per poter superare tutti questi dubbi c’era solo una soluzione: buttarmi e iniziare a scalare “la montagna”.

Metaforicamente secondo me, il climbing può essere visto come la vita stessa, è infatti un’esperienza composta da decisioni da prendere, è un percorso colmo di difficoltà e per arrivare fino in fondo, bisogna raggiungere un obiettivo, bisogna raggiungere la vetta.
Riflettendo, questa esperienza ha una grande importanza e la si può associare a un gran numero di tematiche, come collaborazione, fiducia e aiuto reciproco.

Questi elementi per me sono fondamentali. Non troppo tempo fa, infatti, la fiducia che riponevo nel prossimo era praticamente nulla. Le persone al mio fianco erano un tempo selezionate mantenendo come prerogativa una palese diffidenza. Con l’esperienza dell’arrampicata ho riposto invece a persone che non conoscevo la fiducia nel tenere la corda che avrebbe garantito la mia sicurezza, e devo dire che è stato davvero un elemento rassicurante e soddisfacente che non avrei mai reputato attuabile.
Riuscire a tornare a contatto con me stesso è stato davvero rinvigorente, mi sono sentito infatti di avere finalmente il controllo di ciò che mi circonda, non più in balia degli eventi. Nonostante ci fosse la possibilità di sbagliare, avrei comunque mantenuto la concentrazione e il controllo per poter rimediare e, se fossi “caduto”, avrei riconciato a salire da capo.

Ho infine assaporato la sensazione di aver raggiunto l’obiettivo nonostante la poca esperienza nell’arrampicare, superando le difficoltà, le fatiche e le paure.
Ho scoperto inoltre l’esistenza di muscoli che fino ad allora non conoscevo dato i numerosi movimenti da fare, e dopo i dolori dei giorni successivi sicuramente ora mi ricorderò della loro esistenza!!!.
Scherzi a parte, rifarei questa esperienza volentieri. Grazie all’arrampicata e alla montagna terapia ho compreso che mettendosi alla prova, si ottiene inevitabilmente una maggiore consapevolezza, riuscendo ad evidenziare i propri punti di forza e i propri limiti.

Se si riesce a completare un qualcosa a cui abbiamo dedicato sudore e fatica, la soddisfazione sarà maggiore. Concludo infatti questa riflessione portando come esempio la gratificazione che ho provato nel guardare l’orizzonte dopo aver, passo dopo passo, arrampicato la parete.
Mi sono detto: “questa vista me la sono guadagnata io, sono padrone di tutto ciò”…
…è stato indescrivibile».

Luca

Da parte mia, posso dire che è stata un’esperienza affascinante, molto impegnativa e faticosa. Ho paragonato questa arrampicata al momento in cui stò vivendo e oltre a questo, posso dire “grazie per avermi fatto vedere luoghi molto belli a due passi da dove ho sempre vissuto.

Fabio

Avevo sentito parlare delle possibilità di fare questa nuova esperienza e la cosa mi ha sempre affascinato e appena mi si è creata l’occasione l’ho voluta prendere al volo . Non è facile descrivere quello che ho provato e a tal proposito mi viene in mente la frase di una canzone che dice: “E’ inutile sentirsi liberi avendo una gabbia dentro”. Ecco mentre ero in cima dopo avercela fatta, mi sentivo libero; libero da quella gabbia che ognuno di noi ha dentro di sé.

D.

Ho scelto di provare ad arrampicare perché non avevo mai provato e perché tutti mi avevano parlato bene; la prima volta che ho provato è stato un mix di emozioni e sentimenti e non è stato molto bello perché non sapevo bene come ci si doveva comportare, come si doveva fare ma soprattutto come affidarsi a una corda. Ricordo il primo giorno che ero carico al massimo pronto a iniziare la mia prima arrampicata. Quando iniziai a salire incominciarono a tremarmi le gambe l’adrenalina saliva sempre di più la saliva sempre di meno e ogni volta che guardavo giù non vi dico quante emozioni e sensazioni passavano in quel preciso istante; arrivati in cima con gran fatica dovevo anche scendere…la paura di lasciarsi andare e affidarsi non era poi così scontata (non volevo più scendere). Pensavo di non farcela invece alla fine mi sono lasciato andare e con tanta fatica paura e soprattutto convinzione ce l’ho fatta ad arrivare sul pianeta terra. Oggi posso dire che arrampicare è un bellissimo sport che possono praticare tutti dai più grandi ai più piccoli, può servire come esempio nella vita perché dopo una salita c’è sempre una discesa. Ringrazio gli istruttori del CAI di BS perché è grazie anche a loro che oggi posso dire e scrivere di avercela fatta.

Andrea

Leggi l’articolo pubblicato dal Giornale di Brescia il 22/07/19:

Leggi l’articolo “L’arrampicata”

Diego, un ragazzo utente delle Comunità di Fara Olivana, ha scritto un pensiero personale sulla sua esperienza di Montagnaterapia e l’ha affidato alle pagine di “Faranoise“, il giornalino realizzato proprio dai ragazzi della Comunità di Fara.

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