BACKSTAGE CON PIETRO

Qualcuno vuole partecipare al progetto? A questa domanda hanno risposto circa 110 persone tra ospiti e operatori della Cooperativa di Bessimo. Chi l’avrebbe mai detto? In fin dei conti l’idea era nata quasi per caso, da una chiacchierata informale con Pietro qualche mese prima. Come si fa a portare 110 persone in uno studio fotografico? Non si fa. Si fa che si porta il fotografo in giro. E così abbiamo fatto. Abbiamo organizzato diverse giornate di shooting in alcune delle nostre strutture per tutte le comunità (circa due per ogni giornata) che hanno deciso di aderire. Ospiti e operatori. Così è iniziato il vero e proprio viaggio del #ProgettoRitratti. «Pietro, sono qui sotto: ti aspetto!». Dopo aver caricato l’attrezzatura in macchina, via verso la Valle Camonica, poi la bassa bresciana e poi ancora la provincia di Bergamo. Nel mentre tante chiacchiere, la gioia di stare insieme, il piacere della primavera che faceva capolino tra le nubi grigie dell’inverno. E poi in comunità l’incontro con tanti mondi, la scoperta di emozioni, sensazioni, l’ironia, la simpatia, le foto, le tantissime fotografie scattate, la meraviglia di chi si è visto come mai prima, la paura di affrontare l’obiettivo della macchina fotografica, i «no, ma io non lo faccio» che poi si sono trasformati in «dai, ancora una!». Gli shooting sono finiti, le fotografie scelte e stampate – più di 7000 scatti di cui 750 selezionati per il progetto – e poi le esposizioni insieme ai contenuti multimediali e a tutto il resto. Un viaggio che non è ancora finito e che, forse, per chi ha partecipato non finirà mai davvero. Per tutti: ospiti, operatori e, chissà, forse anche per Te che stai leggendo queste parole.

BACKSTAGE CON VERONICA

Le #Storie sono vere. Non è un modo di dire e nemmeno un vezzo artistico. Le storie sono state raccolte in alcune delle nostre strutture, registrate con un’applicazione dello smartphone e sono arrivate a Veronica. Due direzioni: la recitazione o l’interpretazione? Veronica ha scelto la seconda per rispettare le storie, per dare loro forma senza togliere niente alla verità, alle emozioni reali di chi le ha raccontate. Le abbiamo girate in alcune zone di Brescia dove si trovano graffiti e murales, dove storie come quelle narrate qui prendono vita nella quotidianità, dove c’è tanta umanità. Tra i palazzi in cemento in puro stile anni ’70 e le case a schiera, abbiamo vagato a piedi e in bicicletta alla ricerca degli scorsi più significativi. Abbiamo incontrato tante persone che ci hanno fatto domande, che si chiedevano cosa ci facessero due persone con una “telecamera” (cosi la definivano) in quei luoghi. Non ci siamo sottratti e, anzi, ben volentieri abbiamo spiegato tutto: il progetto, la mostra, le storie. Poi, un giorno, abbiamo salito una delle scale e una rampa in cemento con pianerottoli e corridoi che collegano un caseggiato all’altro e siamo arrivati in cima. Davanti a noi un balcone pubblico affacciato sul parco sottostante e, ai due lati, gli ingressi delle schiere. Dopo un po’ due signore intorno ai 70 anni, incuriosite, si sono avvicinate e ci hanno chiesto, come gli altri prima di loro, cosa stessimo facendo. Dopo averglielo spiegato ci hanno guardati per un attimo e poi ci hanno detto «Siamo felici! Guardata che meraviglia – hanno detto indicando uno dei palazzi popolari che si stagliano nel cielo di Brescia – tutti ne parlano male, dicono che c’è sporco e brutta gente, ma…guardate che bello! Ogni giorno apriamo la finestra e lui è lì, pieno di colori, di gente, di vita. Fatelo vedere bene nel video. Fate vedere bene casa nostra». Siamo tornati a casa felici. Mente giravamo un video per raccontare storie, ne abbiamo incontrate tante altre, storie di persone che non sono ritratte qui ma che, in fondo, è come se lo fossero. Persone comuni come tutti noi. Persone.