Cremona, giugno 2019:
«Ho scelto di entrare in comunità per una serie di motivi diversi, ma è stata una mia scelta, frutto della mia volontà. Mi ha spinto anche tanto il mio lavoro: ero una guardia giurata e lavoravo solo e sempre di notte e, con me, c’era anche la cocaina. Poi mi è scattato qualcosa dentro, un meccanismo che per il quale ho detto “basta”, perché davvero non ce la facevo più.
La mia famiglia e la mia ragazza non ne sapevano niente ma prima o poi se ne sarebbero accorti: quando usi le sostanze cambi, sei diverso negli atteggiamenti, nel carattere, in tutto. Presto o tardi sarebbe saltato fuori. Ma inizialmente non ho detto niente a nessuno
Di nascosto, quindi, ho iniziato a informarmi su come smettere e ho scoperto l’esistenza dei SERT dei quali, prima, non sapevo nulla. Ho inviato una mail a quello di Brescia spiegando i miei problemi e dichiarando la mia intenzione a smettere: mi hanno risposto che mi sarei dovuto presentare presso gli uffici della loro sede in città. Non è stato facile: pensare di dovermi presentare là, da solo per dire davanti a tutti “ho un problema” mi sembrava la cosa più difficile in assoluto. Quando sono arrivato ho visto un cartello con scritto “centro cocainomani” e, beh, mi sono trovato davanti a ciò che ero…mi sono vergognato…non è stato facile trovarmi in quella situazione. Certo, ne ero cosciente, ma pensare di essere arrivato lì mi faceva stare male. Ma l’ho fatto e ho iniziato a frequentare il SERT per 2 mesi andando agli incontri e facendo i test delle urine, che, però, mi ha aiutato fino ad un certo punto.
La mia volontà, però, era più forte: volevo smettere a tutti i costi.
Una sera sono tornato a casa e ho detto tutto ai miei familiari. Ho provocato molta sofferenza all’inizio, ma comunque mi sono stati vicini fin da subito e mi hanno aiutato. Tramite un gancio ho avuto il contatto di Don Redento Tignonsini, fondatore della Cooperativa di Bessimo, e l’ho incontrato raccontandogli la mia storia dall’inizio: mi ha accolto a braccia aperte e mi ha spiegato tutto, sia ciò che mi sarei dovuto aspettare dal percorso che stavo per iniziare, sia quali e quante strutture fossero disponibili nella rete della cooperativa.
Così ho iniziato il primo percorsi di 6 mesi a Capo di Ponte dedicato ai cocainomani. Per potermi concentrare sul mio nuovo viaggio, ho lasciato il lavoro a tempo indeterminato dando le dimissioni. Ho preferito staccare del tutto e non ricorrere a ferie arretrate o all’aspettativa che mi avrebbero, in un modo o nell’altro, tenuto a contatto con quel mondo dal quale stavo tentando di allontanarmi per sempre.
L’inizio del percorso non è stato facile, la mia testa era del tutto sconnessa da tutto il resto, dal mio corpo, da me, dalla realtà. Ho avuto numerose ricadute all’inizio perché era davvero difficile sentirmi allineato alla mia volontà di uscirne, ma ero determinato a farcela e, soprattutto, a capire il “perché” dell’uso delle sostanze e delle conseguenze che ne derivano.
Questa idea mi ha spinto a iniziare il lavoro su di me, ho iniziato a ricordare tante cose del passato che, per me, erano stata davvero pesanti, sono rientrato in contatto con tanto dolore che avevo messo da parte: è in questi momenti che si sono presentate le ricadute ma anche grazie a loro – e soprattutto all’aiuto degli operatori e degli altri ospiti della comunità ex tossicodipendenti – ho confermato la mia intenzione a cambiare vita proseguendo il mio percorso fino a in fondo. Ero consapevole del fatto che, se fossi tornato a casa, avrei ricominciato subito a utilizzare sostanze e non volevo che accadesse, si sa come va a finire.
Il percorso sarebbe durato 6 mesi: e poi? Allora, ancora prima di terminare, mi sono informato sulla possibilità di proseguire in altre strutture della Cooperativa di Bessimo per prolungare il mio percorso e approfondire la mia ferma intenzione di uscire dalla dipendenza. L’Ufficio Accoglienza, che si trova presso la Comunità di Manerbio, mi ha spiegato tutto nel dettaglio e mi ha fatto delle proposte da definire in un successivo colloquio “dal vivo”.
Il giorno stesso in cui sono uscito dalla Comunità di Capo di Ponte al termine dei 6 mesi, sono andato a Manerbio a fare il colloquio per iniziare in un’altra struttura e mi hanno proposto la Comunità di Cremona che ho accettato di buon grado per i vari servizi che offre. Ho chiesto di mettermi in lista d’attesa e sono tornato a casa consapevole che ero ancora fragile. Infatti lo stesso giorno, appena tornato a casa, ho avuto una ricaduta e per un mese ho continuato così. Poi, finalmente, ho potuto iniziare il percorso a Cremona.
Sono entrato già sapendo cosa volevo: fare un corso di formazione, prestare attività di volontariato e lavorare. Gli operatori, con grande gentilezza (umana proprio, non solo lavorativa), mi hanno aiutato a trovare la giusta direzione. All’inizio non è stato facile perché le sostanze mi facevano essere “contro” a priori, ogni consiglio, suggerimento, gesto gentile era qualcosa dal quale difendermi, di cui non fidarmi.
Infatti è stato quasi più un percorso interiore per capire il “perché”, per comprendere quale fosse il mio problema, perché continuassi a fare determinate cose. Siccome sono partito del tutto sconnesso, ho iniziato ad ascoltarmi come persona, ad ascoltare i miei sentimenti, a cercare di attaccare testa e corpo. Qui è stato un proseguimento di quanto iniziato a Capo di Ponte con la psicologa, per affrontare i traumi del passato.
Grazie a Francesca (la Responsabile della Comunità n.d.r.) che mi ha aiutato, ho valutato un corso di formazione e un impiego.
Quando mi sono informato per l’iscrizione al corso di operatore sociosanitario, ho scoperto che c’era la possibilità di fare un pre-percorso gratuito di tre mesi prima di iniziare gli studi per valutare il percorso e se valesse l’investimento economico. Approfittando dell’occasione, che mi avrebbe anche concesso uno sconto sul prezzo del corso, ho capito che era ciò che cercavo.
Ma non avevo soldi e quindi ho chiesto di poter lavorare per pagarmi gli studi: Francesca ha detto si, e mi ha aiutato a iniziare un lavoro che mi ha permesso di iniziare gli studi: ho quindi proseguito lavoro e corso e poi ce l’ho fatta! Ho finito!
È stata dura, lo devo ammettere: lavorare, studiare e soprattutto portare avanti il percorso che fai per riscostruirti una vita, recuperare la famiglia, gli amici, gli affetti.
Finito il corso mi era stata data una dritta dall’insegnante del pre corso su una casa di riposo dove cercavano personale. Ho preso contatto con loro e ho iniziato fare qualche tirocinio: per fortuna è andato tutto bene, sono stato assunto e ora mi trovo con un lavoro, un buon contratto e guadagno bene quindi avrò una vita agiata, normale, che mi permetterà anche di avere un’auto tutta mia.
Ho recuperato la famiglia, gli amici, sto bene con le persone…le sostanze non le ho mai usate per stare in compagnia, al contrario per isolarmi ed ero davvero stufo di tutto questo. Ora frequento anche una persona, una donna che è il mio punto di riferimento.
Qui a Cremona ho trovato persone che mi hanno voluto bene, che mi hanno dato una mano e sono fiero di me perché so che, grande parte del merito, va alla mia volontà…all’inizio vedi tutto contro, i consigli degli operatori ti sembrano contro, devi stare chiuso in comunità sapendo che il mondo continua, che gli altri fuori si divertono, sono liberi di andare. Ma la volontà ha vinto su tutto.
Poi capisci che non c’è un mondo fuori e dentro ma che fa tutto parte della stessa cosa. In fin dei conti anche le persone fuori hanno dei problemi, lo vedo anche nella casa di riposo dove lavoro e dove, finalmente, mi sento utile anche grazie all’esperienza di vita che ho avuto.
Il mio attestato da operatore sanitario, per me, vale come una laurea perché me lo sono guadagnato, sudato e conquistato con tutto me stesso».
Marco, 29 anni.