Lo scorso 27 gennaio 15 detenuti della casa circondariale di Cremona, hanno messo in scena «Guardami (io ti vedo)», una rappresentazione teatrale esito del laboratorio vocale / espressivo all’interno del Centro Diurno interno al penitenziario gestito da Cooperativa di Bessimo di cui è coordinatrice la collega Francesca Salucci.
«Durante il laboratorio – racconta Francesca – abbiamo lavorato a ruota libera, semplicemente chiacchierando e, da qui, sono nati dei monologhi che i partecipanti al laboratorio hanno scritto di proprio pugno traducendo in parole le proprie emozioni. Abbiamo condiviso con loro alcuni monologhi, due in particolare di Roberto Benigni e Simone Cristicchi, e abbiamo tradotto il tutto in un copione che abbiamo poi messo in scena».
Libertà, amicizia, rispetto reciproco «sono alcuni dei valori – continua Francesca – ai quali abbiamo cercato di dare forma e di condividere elaborandoli grazie al teatro e alla performance. Abbiamo proposto una riflessione sulla libertà e sulla propria capacità di seguirla, ci siamo interrogati sui motivi che inducono una persona a piangere e a ridere (se piango posso anche ridere) ma abbiamo anche affrontato il tema dei pregiudizi e del loro abbattimento».
Alla rappresentazione hanno potuto partecipare anche i parenti dei detenuti «e ciò è importante anche in termini di rieducazione per chi sta scontando una pena detentiva».
«Personalmente – spiega Francesca – per me è un’occasione meravigliosa poter lavorare in questo modo all’interno della casa circondariale perché, ogni volta, mi porto a casa la conferma della magia che si crea salendo su un palco. Lavoro con gli ultimi nella mia vita professionale e vivo il teatro in quella privata: è stato molto naturale per me unire questi ambiti. Sono sempre molto felice di andare a lavorare e ancora di più quando i progetti prendono forma e riescono. Sul palco non si smette mai di imparare, sul palco puoi essere chiunque altro ma anche te stesso ed è un’esperienza complessa che lascia sempre qualcosa sui cui riflettere. Eravamo tutti agitati prima della rappresentazione, una sensazione bellissima che ci ha restituito la misura di ciò che stavamo facendo e, anche se ci siamo attrezzati con poche risorse, lavorare con scenografie autoprodotte e ricavate da materiali già presenti, è stato proprio emozionante, forse più di tante altre volte nella mia vita teatrale. Nessuno può sapere come continueranno le storie di chi sta trascorrendo un pezzo della propria vita qui, in carcere, ma so per certo che, a tutti noi, questa esperienza resterà addosso per tantissimo tempo se non, addirittura, per sempre».